top of page

Una vacanza programmata, un'evento inaspettato, una morte misteriosa. Qual'è il limite tra realtà e follia?

Erika e i suoi amici decidono di trascorrere alcune settimane nella casa di montagna di Daniel per una vacanza post maturità. Una casa isolata, affiancata da un bosco al di sopra del quale si trova un piccolo cimitero sconsacrato, nient’altro che poche lapidi malmesse. I ragazzi si recano a visitarlo, curiosi, ma Erika è la sola che avverte una voce lamentosa e disperata.

Da quel momento in poi la voce diventerà il suo pensiero principale tanto da indurla a tornare al cimitero la stessa notte, da sola. Qui incontra un personaggio inquietante, un ragazzo di nome Malco che inizia a tormentarla, convincendola che anche lui sente una voce e di aver bisogno di lei per potersene liberare. Erika non gli crede, pensa che sia pazzo.

I giorni passano ed Erika si accorge di essere sempre più tormentata da quella voce disperata e cede alle pressioni di Malco. Si incontrano più notti, in una radura in mezzo al bosco, e lui le racconta cose a cui Erika non vuole credere. Malco le parla della sua infanzia passata tra uno psicologo e l’altro, la solitudine, la convinzione di tutti, anche della sua famiglia, della sua pazzia a causa della “voce”.

Ma è veramente pazzia quella di Malco?  E'  follia il suo ostinarsi a perseguitare Erika e a chiamarla “Euridice”? E sarà follia l’attrazione malata che spinge Erika sempre più a fondo?

Il confine tra sanità e pazzia non è altro che un pallido pozzo in cui è facile cadere.

 

"Presagio infausto di peggiore evento: la giovane sposa,
mentre tra i prati vagava in compagnia d’uno stuolo
di Naiadi, morì, morsa al tallone da un serpente.
A lungo sotto la volta del cielo la pianse il poeta
del Ròdope, ma per saggiare anche il mondo dei morti,
non esitò a scendere sino allo Stige per la porta del Tènaro:
tra folle irreali, tra fantasmi di defunti onorati, giunse
alla presenza di Persefone e del signore che regge
lo squallido regno dei morti."

Orfeo ed Euridice (Ovidio, Metamorfosi, X, 1-77)

" Gridai nuovamente, fissando quella mano pallida.

– Smettila di gridare! – mi intimò.

– Cosa ci fai di notte in un cimitero? – risposi, continuando

a gridare.

– Potrei farti la stessa domanda.

– Dimmelo! – Il mio ordine restò a volteggiare in aria,

come parole prive di senso, mentre lui si avvicinava. Mi

scostai rapidamente.

– Finalmente sei arrivata… – sussurrò. "



© 2013 by Luana Semprini

Segui "Il lamento di Euridice" sulla sua pagina ufficiale di Facebook

  • facebook-square
bottom of page